Il 21 marzo esce il primo numero del “Resto del Carlino”, giornale fondato con 400 lire da un gruppo di giovani laureati in legge di idee liberali: Cesare Chiusoli, Alberto Carboni, Giulio Padovani e Francesco Tonolla, “i quattro moschettieri”. Viene stampato in formato “notarile” (19×29 cm) nella tipografia Azzoguidi, presso palazzo Barbazzi, in via Garibaldi n. 3. Costa due centesimi, il resto della moneta di rame da dieci centesimi (detta “carlein”) necessaria per l’acquisto di un sigaro toscano. “Dare il resto del carlino” è anche in gergo promettere il seguito di una punizione o di un rimprovero, quindi per estensione strigliare, sferzare. Il nuovo foglio, pensato come giornale “di concetto” più che di informazione, vuole essere un pezzo di pane quotidiano “a prezzo minimo”, una sorta di concentrato Liebig applicato al giornalismo. Nei primi tempi il “Carlino” appoggia l’Associazione democratica bolognese e i socialisti dell’avv. Giuseppe Barbanti Brodano. In seguito abbandona le posizioni radicali e aderisce alla svolta liberale filo-crispina. Il successo delle vendite ne renderà presto difficile la gestione amministrativa: nel 1886 i fondatori cederanno le proprie quote a Amilcare Zamorani. Dal 1889 avrà una propria tipografia, primo tra i giornali bolognesi.